Anna e Sara in Perù
Paz y bien!
Questo è il saluto che ci ha accolto quando siamo arrivate in Perù e con queste parole desideriamo iniziare la nostra testimonianza sulla breve esperienza missionaria nelle periferie di Lima. Non è semplice raccontare ciò che si è vissuto, e tanto meno esprimere ciò che i tanti volti incontrati e le storie di vita ascoltate ci hanno dato, ma proveremo a farlo attraverso tre parole (FIDUCIA, ASCOLTO, DONO) che ci hanno accompagnato e che abbiamo nel cuore.
FIDUCIA. Siamo partite con motivazioni diverse ma, per entrambe, il partire è stato un esercizio di fiducia: fidarsi di una proposta che ci avrebbe aiutato a crescere ma non potevamo immaginare come tutto questo sarebbe avvenuto. E’ stato un affidarsi a uomini e donne che non conoscevamo ma che ci hanno accolto a braccia aperte. È la fiducia in Dio e nel prossimo che abbiamo toccato e visto in Casa Hogar Santo Toribio: una casa di accoglienza per malati poveri che vive di provvidenza e qui, in alcune occasioni, la Provvidenza ci ha sorpreso così come ci ha stupito, mostrandoci la nostra piccolezza, la generosità dei poveri verso altri poveri: il mercoledì mattina al mercato, passando con il carretto, i campesinos della Sierra ci donavano quel che potevano per gli infermi di casa hogar perché, in questo Paese, l’essere malati è una disgrazia, ma essa è doppia se si è anche poveri.
Fiducia è ciò che i peruviani ripongono nel loro Paese per un futuro migliore soprattutto guardando all’educazione e alla formazione delle giovani generazioni. Nel Colegio san Francisco de Asís a Huaycan, una zona povera alla periferia di Lima, tra la terra e la polvere, tra le migliaia di baracche in legno o lamiera, la scuola sembra essere l’unica possibilità per una crescita umana e per un riscatto sociale.
ASCOLTO. Non il fare ma il mettersi in atteggiamento di ascolto dell’altro è stata la prima forma di missione e di accoglienza sia tra di noi volontarie sia con coloro cha abbiamo incontrato.
Una volta tornate in Italia, la domanda più frequente era: “Cosa avete fatto in Perù?” In realtà non abbiamo fatto niente di speciale ma abbiamo scoperto, con fatica e con tutti i nostri limiti, che ascoltare è fermarsi, è mettere l’altro al centro della nostra attenzione, è condividere la storia personale. Solo ascoltando si può conoscere chi abbiamo di fronte, per poi capire di che cosa l’altro ha necessità e quindi agire.
DONO. Lo stare a Lima e nelle sue periferie è stato un dono, e per questo possiamo dire solo un grande grazie, innanzitutto a Dio e poi alle persone che ci sono state accanto. Nei due mesi di missione ciò che ci è stato chiesto era di essere disponibili a farci trasformare in regalo per i bambini di Huaycan, di Manchay o per gli infermi, soprattutto quando ne avevamo poca voglia o ci sembrava una perdita di tempo. E’ cosi che abbiamo cercato di stare accanto ai bambini aiutandoli in classe, giocando e parlando con loro o facendo compagnia agli ammalati di S. Toribio, dando una mano in cucina o dove c’era bisogno.
Un dono prezioso è quello che abbiamo ricevuto dai sorrisi e dagli abbracci dei niños che ci salutavano con una gioia e con un sorriso spiazzanti, facendoci sentire subito accolte ma che, allo stesso tempo, ci hanno interrogato sul come noi usiamo la nostra ricchezza materiale e sulle povertà che ci portiamo dentro.
Dono è stato l’essere accolte come in famiglia ovunque ma soprattutto da monsignor Pachi che, per noi, è un esempio di come, affidandosi a Dio, sia possibile vivere, nella gioia, servendo il prossimo. Un dono è stata l’amicizia nata tra noi due e, infine, un grande dono è stato conoscere gente straordinaria nelle normalità che si spende per gli altri in umiltà.
Anna e Sara