2024 Auguri di Buon Natale

DALLA TERRA SANTA – NATALE 2024

Per il secondo anno consecutivo, il 25 dicembre, la grotta di Betlemme è senza pellegrini, come sono senza pellegrini le strade e le piazze della città di Betlemme. Quando Maria e Giuseppe vennero per farsi registrare, per loro non c’era nemmeno una stanza. Oggi tutte le stanze di Betlemme sono disponibili, in attesa che la guerra finisca, che i pellegrini possano tornare, che le luminarie e le voci di bambini in festa rallegrino ancora le vie della città.
Il Natale consiste nel fatto che il Figlio di Dio è entrato nella nostra storia una volta per sempre, si è fatto uno di noi, è stato donato a noi, ha dato un senso alla nostra vita, e così ci ha salvato.

Come racconta l’evangelista Luca Maria e Giuseppe dovettero andare a Betlemme al tempo del censimento, per farsi registrare, e in quella circostanza, non essendoci per loro posto nei luoghi pubblici di ospitalità, dovettero adattarsi a usare una grotta per rifugio e per avere un luogo appartato – quella che oggi si chiamerebbe un po’ di privacy – per poter dare alla luce un bambino che, avvolto in fasce, viene posto nella mangiatoia di pietra (cfr. Lc 2). Quasi una profezia del fatto che quel bambino divenuto grande si farà nostro cibo, ma anche quasi profezia del fatto che quel bambino divenuto grande sarà nuovamente e frettolosamente avvolto in fasce e poi in un lenzuolo e posto in ben altra grotta, quella del sepolcro. Ma anche quella grotta si riempirà di luce al terzo giorno, il giorno della risurrezione e dell’inizio di una vita nuova e immortale.

Anche se il racconto del Natale e la trascrizione per immagini che ne facciamo con il presepio ci ispirano dolcezza e un senso di poesia, anche quando nacque Gesù la realtà era molto difficile.

A quel tempo l’Impero Romano era la potenza dominante, anche se in Giudea regnava Erode il grande, che era riuscito a conquistarsi la fiducia di Roma grazie alla sua spregiudicatezza politica e al suo pragmatismo cinico. Un re talmente attaccato al potere da eliminare perfino i propri figli pur di non avere rivali. Un re che aveva paura di un bambino appena nato, che però le profezie indicavano come possibile re e messia. Un re che avrebbe perciò compiuto una strage preventiva, facendo uccidere tutti i bambini della zona di Betlemme dai due anni in giù (Mt 2,16), per evitare il rischio che qualcuno di loro, divenuto grande, gli sottraesse il potere e il regno. Eppure, i progetti e le azioni di Erode si dimostreranno vani. Come ricorda l’evangelista Giovanni all’inizio del suo vangelo, quando il Verbo si fece carne e brillò nelle tenebre le tenebre non riuscirono a soffocarlo (Gv 1,5).
Anche noi possiamo trovarci in mezzo alle situazioni peggiori e più difficili, in mezzo alle tenebre della storia; possiamo trovarci in mezzo all’oscurità della guerra e dell’odio; anche se le tenebre non accolgono la luce la luce continua a brillare e non può essere soffocata.
Anzi, quanto più ci troviamo immersi in questa notte, personale e collettiva, tanto più abbiamo bisogno che brilli la luce. E abbiamo bisogno che, a partire dalla grotta di Betlemme, la luce si diffonda dappertutto, per tener viva la speranza di un mondo nuovo, salvato grazie alla nascita di questo bambino: Gesù, l’Emmanuele, il Dio con noi.

In questo Natale, ancora soffocato dal buio dell’odio e della guerra, ci inginocchiamo davanti alla mangiatoia vuota, nella quale Maria depose il bambino Gesù, il Principe della pace, e accogliamo l’invito rivolto da papa Francesco al mondo intero in occasione dello scorso Natale: “dire «sì” al Principe della pace significa dire “no” alla guerra, e questo con coraggio: dire “no” alla guerra, a ogni guerra, alla logica stessa della guerra, viaggio senza meta, sconfitta senza vincitori, follia senza scuse. Questo è la guerra: viaggio senza meta, sconfitta senza vinci-tori, follia senza scuse… Dal presepe, il Bambino ci chiede di essere voce di chi non ha voce: voce degli innocenti, morti per mancanza di acqua e di pane; voce di quanti non riescono a trovare un lavoro o l’hanno perso; voce di quanti sono obbligati a fuggire dalla propria patria in cerca di un avvenire migliore, rischiando la vita in viaggi estenuanti e in balia di trafficanti senza scrupoli» (Messaggio Urbi et Orbi, 25/12/2023).
Buon Natale da Betlemme.

fr. Francesco Patton